Mentre l’Amazzonia brucia ancora e da poco si sono consumati i roghi che hanno devastato migliaia di ettari di bosco in Siberia, un altro, ennesimo disastro ambientale causato dal fuoco sta per esplodere in Africa, tra Congo e Angola, in una delle foreste pluviali più importanti del mondo, il secondo “polmone verde” della Terra.
Ai margini della foresta, il fuoco avanza tra savana e steppa ed è vicinissimo.
In grado di immagazzinare 120 miliardi di CO2, l’equivalente delle emissioni che si producono nel mondo in 3 anni, questo straordinario ecosistema è fondamentale per il clima globale e la sua regolazione.
Dal 21 agosto sono stati registrati più di 10.000 incendi in un’area che ospita milioni di persone appartenenti a comunità indigene e migliaia di specie animali e vegetali.
Greenpeace torna a chiedere ai governi del bacino del Congo di adottare misure adeguate per evitare che gli incendi si propaghino fino all’importantissima foresta pluviale africana, prima fra tutte l’interruzione di qualsiasi concessione a multinazionali che deforestano e sfruttano il territorio con avidità.
L’organizzazione ambientalista chiede che si evitino i ritardi che hanno impedito di affrontare i roghi amazzonici e siberiani per tempo, ritardi frutto di miopia politica o addirittura osteggiati da interessi economici senza etica.
Greenpeace sottolinea infine che è di fondamentale importanza porre fine a tutte le attività industriali in essere che minacciano questo vitale territorio: se non metteremo in atto tutte le azioni di protezione delle foreste, arginare i cambiamenti climatici sarà quasi impossibile.
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