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PFAS: inquinamento diffuso e dati sulla salute allarmanti.

Sono sconfortanti i dati rilevati dalle centraline di Castelmassa e Corbella, entrambe in territorio veneto ma rispettivamente confinanti con le regioni Lombardia ed Emilia Romagna: in ogni litro d’acqua sono risultati presenti, mediamente, 80 nanogrammi di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS), composti chimici di origine sintetica della cui famiglia fanno parte PFOS e PFOA.


Qual’è la principale proprietà delle molecole che compongono i PFAS? La caratteristica principale è la resistenza all’acqua e ai grassi, motivo per cui i PFAS vengono utilizzati per la realizzazione di materiali impermeabili e/o antiaderenti, vernici, pesticidi, detersivi, ecc.


Per queste caratteristiche di “resistenza” alla biodegradabilità, sono considerati “inquinanti persistenti”, poiché riescono ad accumularsi nell’Ambiente ed in particolare modo nelle falde acquifere che, a loro volta, vengono utilizzate dall’uomo per uso agricolo e nutrizionale, entrando così nella catena alimentare anche degli animali.


I dati relativi agli esami effettuati su un campione di 25.000 veneti, hanno evidenziato su oltre il 65% degli esaminati la presenza di malattie correlate la presenza di PFAS nell’organismo, interferenti endocrini responsabili di diverse patologie come ipertensione, colesterolo, ipotiroidismo, ma anche diversi tumori tra i quali quello al rene e al testicolo.


Dati che purtroppo per la prima volta comprendono anche i bambini fino a dieci anni di età, che in alcuni casi hanno riportato concentrazioni nel sangue pari a quelle degli adulti.


Una situazione che appare fuori controllo perché sembra impossibile individuare correttamente le fonti di inquinamento: le zone coinvolte maggiormente (le provincie di Verona, Vicenza e Padova) non hanno in realtà concentrazioni di attività produttive legate ai PFAS in quantità tale da giustificare una presenza così alta di inquinanti nelle acque sia di superficie che di falda: in quest’ottica, presumere un inquinamento anche da fonti industriali molto lontane dalle acque regionali venete sembra essere la spiegazione più logica a fronte di un problema che sta assumendo proporzioni molto vaste.

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